Mostra di Venezia: Un Candidato perfetto con il chador

Poco meno di due ore passate dentro il mistero dell'Arabia Saudita di oggi, location quasi inedita al cinema. È quello che offre un film altamente 'al femminile' come THE PERFECT CANDIDATE di Haifaa Al Mansour, in concorso in questa 76/a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica. Ed esattamente uno dei due film diretti da una regista donna tra i 21 in concorso (l'altro è Babyteeth dell'australiana Shannon Murphy) che ha il merito di fotografare un mondo in corsa lenta e ad ostacoli verso il progresso. Protagonista Maryam (Mila Al Zaharani), giovane e ambiziosa dottoressa che lavora in una piccola clinica in Arabia Saudita.
Una donna tra evoluzione e conservazione, come si vede nella prima scena, mentre sta guidando con disinvoltura la sua moderna auto indossando il tradizionale niqab.
La donna si scoprirà è un medico e lavora in ospedale, ma non ha affatto la vita facile. I maschi non voglio essere visitati da lei, gli preferiscono l'ultimo degli infermieri, e anche il direttore sanitario gli fa la guerra. Quando poi, per un problema con i documenti, le viene impedito di volare a Dubai per un convegno quasi per caso si ritrova iscritta alle elezioni comunali della città.
E questo mentre il padre musicista è in tour lontano da casa, per la prima serie di concerti pubblici autorizzati nel Regno da decenni (la musica, come si sa, è mal vista dagli integralisti), Maryam arruola le due sorelle per gestire la raccolta fondi e organizzare la sua campagna elettorale.
Ma la sfida di Maryam è troppo grande per passare inosservata e così il vecchio e il nuovo mondo si ritroveranno a scontrarsi in una guerra senza esclusione di colpi.
"Voglio incoraggiare le donne saudite a cogliere un'opportunità e a liberarsi dal sistema che ci ha deliberatamente ostacolato così a lungo. La parte più difficile - dice la regista che era già stata al Lido in Orizzonti con la 'Bicicletta verde' nel 2012 - ora è guardare oltre le antiquate convenzioni sociali e i modesti obiettivi che si erano prefissate precedentemente, mandare in frantumi i tabù che le attanagliano e decidere di tracciare nuovi percorsi per se stesse e le loro figlie".
Ovviamente la regista crede nella funzione salvifica dell'arte: "Penso che l'arte in generale può certamente cambiare le cose. La gente però al mio paese deve andare di più al cinema".
Sulla grande passione di Haifaa Al Mansour per questi temi la regista si commuove quando racconta che il suo impegno nasce dal fatto che vuole che la figlia possa avere una vita diversa.
Quote per le registe donne al festival? "Certamente i festival devono supportare le registe, ma il vero problema resta quello dei finanziamenti. A volte riesci a fare il primo film, ma poi, se sei donna, devi aspettare trenta anni per riuscire ad avere i finanziamenti per farne un secondo".

Fonte ANSA

FOTO ANSA/EPA